Sono le otto del mattino di quella che si prospetta una soleggiata giornata torinese. E non so nemmeno perché parto coi preamboli, potrei quindi aggiungere che sto sorseggiando un ginseng.
La verità è che voglio tentare di scrivere a caldo i miei pensieri su uno dei romanzi più belli che io abbia mai letto: "Il conte di Montecristo" di Alexandre Dumas.
TRAMA: Ottocento. Marsiglia. Il marinaio Edmond Dantès torna a Marsiglia dopo una spedizione commerciale, entusiasta di riabbracciare suo padre e la sua fidanzata, Mercedes. Il giorno delle nozze, però, Edmond venne arrestato con l'accusa di bonapartismo e rinchiuso nelle segrete del castello d'If dove trascorrerà, lontano dal mondo e dai suoi cari, quattordici lunghi anni in cui, dopo vari tentativi di suicidio, coverà la vendetta che si abbatterà sui suoi nemici in dieci anni.
Per poter parlare di questo romanzo dovrei raccogliere davvero tutte le mie energie e capacità perché esporre in maniera quanto meno sensata un grande capolavoro è difficile. "Il conte di Montecristo" è un romanzo del noto scrittore francese, Dumas; pubblicato inizialmente a puntate su una rivista, venne poi riunito in un unico mastodontico volume di ben 1200 pp. La mole del romanzo non è un dettaglio indifferente. Innanzitutto spaventa molti possibili lettori, col solito stolto parallelismo tra mole immensa e pesantezza di lettura. In secondo luogo, è necessaria per poter dipanare una prigionia e una vendetta che si estendono per un quarto di secolo. Per tutti i timorosi e per coloro che non leggono un libro se prima non contano le pagine, dovete star tranquilli e fidarvi. Leggetelo. "Il conte di Montecristo" appartiene al feuilleton francese ovvero un romanzo d'appendice che mescola avventura, amori, passioni, delitti, duelli, vendette e in questo romanzo c'è un perfetto mix di tutto. Non è un caso infatti che, già all'epoca, fu uno dei più letti e apprezzati.
Il romanzo è dunque particolarmente coinvolgente, grazie anche a numerosi colpi di scena, e lo stile di scrittura è lineare e pulito, rendendo la lettura scorrevole e non pesante. Il vero punto forte, a mio parere, è proprio la costruzione impeccabile della trama. Dumas è stato in grado di tessere una tela perfetta, dovendo anche gestire un numero davvero ampio di personaggi e storie di ciascuno di essi. Non ci sono mai falle, mai punti morti, mai elementi rimasti inspiegati o irrisolti. Tutto, come un grande giallo, viene spiegato in corso d'opera o nel finale. Davvero in poche opere anzi rare opere dell'Ottocento sono riuscita a ritrovare la stessa cura e la stessa maestria.
I personaggi sono, come vi dicevo, numerosissimi proprio perché parliamo di quasi venticinque anni di storia da raccontare. Edmond Dantès, o conte di Montecristo, è forse quello meglio tratteggiato dal punto di vista psicologico, anche se apparentemente abbia la vendetta come unico scopo. Soffre, tentenna, dubita, prega, ama ardentemente, odia altrettanto ardentemente, espia, punisce, aiuta, perdona, supporta, sorprende e tanto altro. Lo stesso cognome, Dantès, rimanda a Dante e alla sua Divina commedia: così come Dante Alighieri affronta un viaggio di crescita personale e spirituale in chiave metaforica tra Inferno, Purgatorio e Paradiso, così anche Edmond attraversa questi stadi di crescita personale, dalla prigionia alla ricchezza, dal nichilismo al perdono. I restanti personaggi sono più che altro funzionali a Edmond, vengono quindi tratteggiati in maniera più piatta e stereotipata, incarnando dei tipi oppositivi rispetto al protagonista.
"Il conte di Montecristo" è una perla sotto ogni punto di vista. Mai noioso, mai pesante, avvincente, appassionante, commovente e umano. Edmond ci piace perché, anche se in chiave più estrema, ricorda noi e i nostri stessi sentimenti e ci ricorda che solo Dio può fare e disfare. L'uomo è finito e deve accontentarsi della sua finitudine e della sua piccolezza rispetto a Lui.
Leggete questo capolavoro. Vi sentirete persi a fine lettura, ma non vuoti. Ricchi e ancor più umani.
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