Il mese di Dicembre è sempre il più magico dell'anno per me, ma sarò di parte a causa del mio compleanno. In realtà, però, c'è proprio un'aura magica, un clima di profonda quiete eppure di febbricitante allegria che ti rende psicopatica finché non ti ci abitui. Proprio per questo e per la lunga pausa scolastica che ha ridotto ovviamente i miei impegni di lavoro, sono riuscita a leggere molto più dei mesi precedenti. Direi quindi di iniziare subito.
Prima lettura del mese e di diritto diventato poi uno dei miei cinque libri preferiti di questo 2020 è stata "Il gattopardo" di Tomasi di Lampedusa.
TRAMA: Sicilia. All'epoca del tramonto borbonico e agli albori del neonato Regno d'Italia, una nobile famiglia siciliana, i Salina, affrontano il cambiamento sociale e politico.
Ho volutamente reso la trama davvero parca perché in fondo l'intero romanzo non è altro che il susseguirsi cronologico delle vicende familiari dei Salina, capeggiate dal Principe Fabrizio, protagonista indiscusso del romanzo. Tomasi di Lampedusa ha realizzato nel Novecento uno spaccato perfetto della focosa e conservatrice Sicilia dell'epoca pre- e post-unitaria, alternando molto bene vicende storiche realmente accadute all'intimo sentire dei personaggi del romanzo, caratterizzati tutti da ideali, interessi politici e motivazioni tra le più disparate. La dualità netta che ho riscontrato nel romanzo è stata quella tra il capostipite dei Salina e il suo giovane nipote. Il primo arroccato nel suo titolo nobiliare ma ormai conscio e consapevole di un imminente cambiamento politico che non si sarebbe potuto arrestare, solenne, austero eppure umano, appassionato, romantico. In una parola: vivo. Il secondo, invece, giovane rampollo proiettato nella modernità, soldato sabaudo, idealista (forse un po' troppo) e molto meno saldo dello zio. Storicamente e politicamente avrà la meglio la gioventù, ma il mio cuore è tutto per Don Fabrizio, uno dei personaggi in assoluto più belli della letteratura.
Lo stile dell'autore è molto scorrevole e il romanzo si divora in brevissimo tempo.
Piacevole scoperta di questo mese, "Un amore senza fine" di Scott Spencer, si classifica in assoluto tra i miei romanzi americani preferiti. Ancora non riesco a spiegarmi il mio profondo amore per la letteratura d'oltreoceano, ma la penna di Spencer non è assolutamente da meno rispetto ad altri suoi validi colleghi.In periodo invernale amo molto leggere autori russi, non sempre riesco, però quest'anno ho recuperato una raccolta di Bulgakov comprendente tre suoi racconti o romanzi brevi ovvero il famoso "Cuore di cane", "Diavoleide" e "Le uova fatali". Brevemente tutti e tre rappresentano una critica al governo staliniano, palestra di allenamento per un pensiero molto più maturo che ritroveremo nel ben più celebre e monumentale "Il maestro e Margherita". Ovviamente la contestazione politica si dipana nei tre racconti in modi abbastanza differenti, a seconda della trama. Nel primo caso un cane, Pallino, verrà trasformato in un essere umano anzi, nel tipico uomo sovietico gretto e maleducato; il secondo è lo scontro tra il protagonista, licenziato da una fabbrica di fiammiferi, e la burocrazia sovietica mentre l'ultimo è in assoluto il mio preferito tra i tre, drammatico e molto brutale. Uova di serpente che diventano giganti. E vi lascio immaginare cosa accade. La penna di Bulgakov, che ho conosciuto prima col suo capolavoro, si riconferma folle, dissacrante e intelligentemente satirica.
Ho proseguito inoltre con l'ultimo volume pubblicato in Italia fino ad ora della serie di Ransom Riggs "La conferenza delle Ymbryne". Ovviamente non posso dirvi nulla sulla trama ma l'ho trovato abbastanza noioso e poco dinamico. E' un libro di raccordo come capita sempre coi secondi delle serie, speriamo in un miglioramento.
Ultima lettura dell'anno è stato un bel saggio a tema amoroso ovvero "C'era una volta l'amore. Brevi lezioni per innamorarsi con filosofia" di Vittoria Baruffaldi.
Ammetto che il titolo e ancor più il sottotitolo sono fuorvianti perché non si parla di pillole sull'amore felice ma l'esatto contrario. L'autrice racconta della parabola discendente di un amore, della routine, del tradimento e della noia che spesso incombono dopo anni di matrimonio e che portano al deterioramento di un rapporto. Il tono con cui viene tutto raccontato è abbastanza ironico, ma di un'ironia pungente e dissacrante e sempre intelligente, colta, soprattutto grazie al riferimento di coppie note della filosofia come Eloisa e Abelardo, Hannah Arendt e Heidegger, Nietzsche e Lou, Sartre e Simone de Beauvoir. Ciascuno di loro ha vissuto amori particolari, tormentati, intensi, intimi e vengono usati appunto come esempi a favore della sua tesi. Nonostante tutto, il messaggio finale è la speranza. Consigliato soprattutto ai disillusi in amore.
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