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10 errori grammaticali che nessuno di noi ammetterà di aver commesso.

Siamo nell'era della globalizzazione. Siamo poliglotti, conosciamo l'inglese, il francese, il tedesco e il tibetano e poi ci accorgiamo che in realtà non siamo in grado di parlar correttamente l'italiano, forse ancor peggio di scriverlo. Bisogna ammetterlo, quante volte abbiamo riso per gli errori grammaticali altrui o ci siamo indignati, pronti a lanciar loro dietro un manuale di grammatica? Secondo me molte, ma abbiamo mai controllato davvero quali sono invece i nostri di errori?

L'italiano è una lingua a mio parere meravigliosa, abbiamo poeti che ci invidiano in tutto il mondo e canzoni che sono vere poesie, ma il nostro amato italiano è anche una delle lingue (quantomeno europee) più complesse. Troppi modi e tempi verbali, troppe regole, lessico troppo variegato e sintassi complicata. Gli italiani pensano contorto. Parlano come pensano e scrivono forse peggio. Ecco perché è davvero facile commettere strafalcioni.

Qui elenco dieci dei più comuni errori di noi italiani a cui dobbiamo stare attenti e soprattutto! E ribadisco SOPRATTUTTO! Dobbiamo rimediare.

1) CHI "C'E'", C'E'...CHI NON "CE", SBAGLIA.

Siete ad una festa e da lontano scorgete il ragazzo o la ragazza che vi piace e dovete assolutamente urlarlo al vostro amico al di sopra della musica. Direi che in questa occasione è meglio essere incisivi.
Quando dobbiamo indicare la presenza di qualcuno o qualcosa si deve usare il "c'è" ovvero la forma della terza persona singolare del verbo esserci.
Il "ce" è la forma che il pronome assume se è seguito da "lo, la, li, ne". Questo lasciamolo ai deboli di cuore, quelli che vorranno mimetizzarsi tra la folla, piuttosto che affrontare la persona tanto desiderata.

2) AVERE O NON AVERE, QUESTO E' IL DILEMMA...

Amleto ha sbagliato tutto, si sa. Il dilemma "essere o non essere" non è proprio più di moda e nell'era del consumismo è il possesso quello che, ahimè, conta. Attenzione, però, a come utilizziamo questo verbo avere e soprattutto alla terza persona singolare e plurale del presente indicativo. Il verbo "avere" ha un rapporto un po' difficile con l' H, la famosa mutina. Il nomignolo non è casuale. Questa lettera sembra apparentemente non aver alcun tipo di suono, ma la sua presenza cambia davvero le carte in tavola.
Ma come capire quando usarla o no?
La regola più semplice per chi abbia studiato un minimo di lingua italiana è che l'H si inserisce sempre nel verbo avere davanti la A, mentre se si tratta delle famose preposizioni semplici "di, a, da, in, con, su, per, tra, fra" allora non si inserisce. HA vs A.
Facile, no?
Peccato che ancora ci si confonda e più facilmente di ciò che pensiamo. Poiché fortunatamente l'uomo è dotato di intelletto, valutiamo il senso della frase.
Sostituite ha o a con il verbo "avere". La frase ha senso?
Facciamo un esempio:
- Mariangela ha gli occhi castani VS Mariangela a gli occhi castani -
Se sostituissi con "avere" --> Mariangela avere gli occhi castani.
La frase ha senso, indica possesso. In questo caso potete star sicuri che si tratti di HA.
Altro esempio:
- Mariangela va a Roma VS Mariangela va ha Roma -
Se sostituissi con "avere" --> Mariangela va avere Roma.
La frase non ha senso logico. Si deve scegliere quindi A.

A mio parere la stessa tecnica si può utilizzare per HANNO oppure ANNO. Valutate sempre il senso della frase se siete indecisi.

3) QUAL E' O QUAL' E'?

Definirlo il must have degli errori di ortografia forse è anche riduttivo. Chi di noi non ha sbagliato almeno una volta nella vita questa grafia.
...
Minuto di silenzio.
Non fate i finti innocenti, a chiunque (seppur in giovinezza) sarà capitato.
Ebbene qui la situazione è un po' più complessa. Ci sono pochi trucchetti per potersi effettivamente ricordare, bisogna conoscere la regola. Ragazzi, la grammatica è come la matematica. Devi sapere e devi saper applicare o i conti non tornano.
La forma "qual" esiste in italiano come forma autonoma, pensate a frasi come "Qual buon vento ti porta da queste parti!".
In questo caso bisogna capire due concetti importanti ovvero elisione e troncamento.
Elisione: soppressione della vocale finale di parola davanti alla vocale iniziale della parola successiva. Si segnala con l'apostrofo. NOTATE BENE.  Esempio: lo amore --> l'amore.
Troncamento: detta anche apocope, è la caduta della vocale finale di parola o di una sillaba. Non si segnala con l'apostrofo, tranne casi particolari che vedremo. NOTATE BENE. Esempio: gran cuore.

Fatte le dovute premesse avrete già capito che "qual è" è una forma di troncamento e non di elisione, quindi NON SI USA l'apostrofo.

4) IL PO E' UN FIUME.

La geografia secondo me piace a pochi, però ricordate che il Po è un fiume. Solo un fiume. Con l'ortografia ha poco anzi nulla a che fare. Uno degli errori che più mi fa piangere il cuore è questo scempio madornale di po'.

Se Po è un fiume, anche "pò" NON esiste. Lo so che è più comodo premere solo due tasti sulla tastiera e non tre o quattro per cercare quel benedetto apostrofo che si mimetizza. Lo sa anche l'inventore delle tastiere e degli smartphone che è più comodo e che siamo tutti pigri, ma evidentemente se ne sono fregati. O forse volevano proprio vedere se saremmo stati talmente faccia di bronzo da scrivere "pò" e non la forma corretta "po' ".
Il troncamento abbiamo detto che NON si segnala con l'apostrofo, ma la lingua italiana fa un po' quel che vuole. Regole di qua. Eccezioni di là. E poi nessuno ci capisce nulla, anche perché le eccezioni piccole piccolissime in basso non le legge mai nessuno.
po', mo' , va', di' , fa' sono tutte eccezioni. Perché? Perché stanno per un'altra parola che, senza apostrofo, praticamente non riusciremmo ben a identificare.
Poi, modo (o alla maniera di), vai, dimmi, fai sono tutti soggetti a troncamento ma si deve segnalare.
E si segnalano SOLO con l'apostrofo.

NOTA BENE: Attenzione anche a quelle particelle che confondono come la parola giorno o il verbo dare.
- con l'accento è il giorno, di' è il verbo dire, di è la preposizione semplice.
- è il verbo dare intesa come terza persona singolare del presente indicativo, da' è il verbo dare con troncamento per la seconda persona singolare dell'imperativo, da è la preposizione semplice.

5) PIUTTOSTO CHE SBAGLIARE, IMPARO.

"Piuttosto che" con valore disgiuntivo è un altro dei grandi must have degli errori grammaticali. Si usa soprattutto nel parlato e tendiamo anche ad abusarne. "Piuttosto che" ha valore avversativo e significa banalmente "anziché, invece di…". Spesso non ce ne accorgiamo, ma le congiunzioni disgiuntive lo sanno che noi sbagliamo. Lo sanno eccome e un giorno son sicura che la pagheremo.
Preposizioni, avverbi, locuzioni avverbiali sono sempre problematici perché ci lasciamo trascinare dal senso comune. Quando però non si è certi di dargli il senso corretto è sempre opportuno controllare sul vocabolario, innanzitutto ci ringrazia perché con internet è parecchio impolverato e, in secondo luogo, evitiamo di fare brutte figure.
Quindi piuttosto che fare errori, accertati!

7) PULTROPPO SUONA MEGLIO?

Dopo un esame di glottologia a imparare suoni e movimenti della lingua come una deficiente vi posso capire, giuro. Avete tutto il mio sostegno, ma davvero pultroppo è inaccettabile. La tendenza ad inserire una consonante liquida (la L appunto) viene quasi spontanea accanto a due suoni molto duri come la T e la R, ma la donzella non può star assieme ai bruti.
Le cose facili ci piacciono, ma non sono sempre le più corrette e vi spiego perché.
Purtroppo è composto da due parole: pure + troppo. La "e" decide di abbandonare il campo con l'unione (stavano un po' strettini) e rimane purtroppo.
C'è poco da discutere. Purtroppo.

Attenti anche a errori come cortello o salciccia. Controllate sul vocabolario.

8) SCENDI IL CANE E FAI LA LAVATRICE.

Chi è del Sud Italia alzi la mano!
Cari miei compaesani, questa volta mi tocca fare campanilismo ma in negativo. La transitivizzazione dei verbi intransitivi è davvero tutta nostra. Sarà che noi "scendiamo il cane" più spesso? O le mamme avevano velleità idrauliche e meccaniche ma sono state troncate sul nascere? Chi lo sa. Di sicuro sono strafalcioni tutti nostri, addirittura giunti alle orecchie del sancta sanctorum: l'Accademia della Crusca. E direi che sono stati anche signori eh! Ci hanno un po' accontentato, un po' hanno confermato che è sbagliato...insomma hanno elegantemente glissato. Più o meno.

I verbi intransitivi come scendere o uscire NON ammettono il complemento oggetto.
Evidentemente ci sono stati litigi in famiglia quindi, siccome chi si fa i fatti suoi, campa 100 anni, è meglio non intromettersi. Lasciamoli separati. Voi il cane "scendetelo" pure, ma almeno non ditelo.

9) CONGIUNTIVO BISTRATTATO.

Passino gli stranieri che praticamente hanno mille tempi verbali da imparare e il congiuntivo non sanno nemmeno dove abita. Ma noi italiani, questo congiuntivo non ignoriamolo! Anche se inizia a salirmi un dubbio, forse questo congiuntivo non abbiamo capito nemmeno cosa sia. Ah, no. L'ho appena usato.

Il congiuntivo è un modo verbale con quattro tempi (presente, imperfetto, passato e trapassato) e a scuola viene definito banalmente come il tempo del dubbio o dell'incertezza. E infatti siamo talmente incerti che non lo usiamo.
Anche qui ci sono delle regole da ricordare però fidatevi anche un po' del vostro orecchio. L'indicativo dà sicurezza, è quasi monolitico come modo verbale. Se la frase non è altrettanto netta e decisa, forse vi sorge spontaneo che l'indicativo proprio non può andar bene.
Il congiuntivo si usa:
- in molte frasi subordinate proprio perché le congiunge con la principale. Come capire? Ci saranno verbi che esprimono un'opinione, volontà, desiderio, paura, incertezza, dubbio. Esempio: Mi sarebbe piaciuto che tu lo avessi mangiato.
- in alcuni casi possono essere indipendenti e avere valore esortativo (Nessuno osi mettermi a tacere), dubitativo (Che io sia folle?), desiderativo (Se potessi riabbracciarlo…).

E' solo questione di regole e di orecchio. L'indicativo stona. Sappiate autocorreggervi.

10) I … NON SONO INFINITI.

La grammatica è come la matematica, ho detto. Non prendetemi sempre alla lettera, come in questo caso. Qui un'infinita serie di punti non fa una linea retta. Fa solo venir mal di testa. I puntini di sospensione sono 3 e solo 3 (…). Creano attesa, sospensione, allusioni, non-detti.
Per la matematica ci sono altri spazi.

Spero che questo post vi possa essere utile. Mi sono molto divertita a scriverlo, prendetelo con ironia e con filosofia. Non prendetevela se vi sentiti tirati in causa anzi, cogliete l'occasione per poter migliorare perché c'è (o ce?) sempre tempo.

Buona grammatica a tutti!



Commenti

  1. Ho un'istruzione di scuola media superiore....scrivo correttamente...ma sono del Sud e nel linguaggio corrente non rinuncio a dire; scendo il cane..faccio la lavatrice..vado un attimo sopra a mia cognata....Si che è sbagliato...ma la lingua e le sue declinazioni dialettali hanno una grammatica plebea e sfacciatamente campanilistica....sbaglio ma la pratico con piacere

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    Risposte
    1. Anch'io nel parlato molte volte commetto lo stesso errore; l'importante è non scriverlo, sapere che stiamo sbagliando e insegnare la regola corretta ai ragazzi. Nessuno di noi parla un italiano standard ma siamo tutti influenzati dai dialetti locali. Questo post è ironico sì, però comunque ricorda che ci sono regole che bene o male dobbiamo rispettare (o almeno ci proviamo)...

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