Il primo approccio con uno scrittore (e per lo più molto celebre) si sa, non è mai facile. Quante aspettative si ripongono nella sua penna e quanto è amaro sentirsi diversi perché quell'autore tanto acclamato, a noi non ha trasmesso proprio nulla.
Fortunatamente non è stato così con Philip Roth e il suo "Il complotto contro l'America".
TRAMA: America, 1940. Il celebre aviatore Charles A. Lindbergh, eroe della trasvolata sull'Atlantico, ha vinto le elezioni contro Roosevelt ed è diventato il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America. Da questo momento gli USA appoggeranno Hitler e la politica nazista che verrà replicata, in versione più subdola ma altrettanto pericolosa, anche nel Nuovo Continente. I migliaia di ebrei americani inizieranno a temere per la propria incolumità.
Romanzo pluripremiato del 2004, vincitore addirittura della quarta edizione del Man Booker International Prize, dal genere abbastanza particolare se non controverso. "Il complotto contro l'America" appartiene al mondo ucronico, e non è una parolaccia. Ucronico ovvero romanzo che parte da premesse e sfondi storici realmente accaduti ma immaginando una versione fantasiosa e alternativa dei fatti e se, come già Leibniz postulava nel Settecento, il romanzo rappresenta solo uno dei tanti mondi possibili, allora Roth ha prospettato una delle tante versioni che la piega della Storia avrebbe potuto prendere. Ma definirlo solo tale sarebbe riduttivo. Roth realizza una pseudo autobiografia della sua famiglia, ebrea di origine, incastonata all'interno di questa ucronia.
Quanto c'è di veritiero nella descrizione dei membri della sua famiglia e quanto di inventato?
Domanda lecita ma risposta indubbiamente complessa se non del tutto incerta.
Insomma, "Il complotto contro l'America" non è probabilmente il libro più semplice da cui iniziare l'approccio ed è meno celebre di "Pastorale americana", vincitore del Premio Pulitzer nel 1997, proprio per la forte componente storica che però non sovrasta mai la parte narrativa. Narrazione e controstoria sono ben equilibrate e bilanciate all'interno del romanzo che viene narrato da un infante (ma non infantile) Roth, attento come solo un bambino curioso e intelligente sa fare alle vicende storiche (in parte) e soprattutto ai cambiamenti che avvengono in quel microcosmo che è la sua famiglia. Come evolve Sandy, suo fratello maggiore, come i genitori (e soprattutto il padre) reagiscono alla presidenza Lindbergh, quali sono le conseguenze per i personaggi satelliti nella vicenda.
Il libro è ricolmo di nomi, dati, informazioni storiche vere o presunte eppure non è mai pesante, ogni tassello funziona in questo fantasioso mondo storico altro che l'autore ha inventato. Le riflessioni sull'antisemitismo, sui complotti politici, sul clima di terrore che potenze straniere o lotte intestine generano sono sempre ben meditate, mai pedanti. Il vero segreto è che Roth riesce a diluirle perfettamente tra le righe, alternando momenti di dibattito socio-politico evidente a letture implicite desumibili dai fatti. Lo stile, nonostante l'intreccio, è scorrevole, semplice, di impatto.
Roth ha smontato e rimontato uno spicchio della Seconda Guerra Mondiale con eccelsa maestria, come solo i grandi geni sanno fare. Chapeau.
Fortunatamente non è stato così con Philip Roth e il suo "Il complotto contro l'America".
TRAMA: America, 1940. Il celebre aviatore Charles A. Lindbergh, eroe della trasvolata sull'Atlantico, ha vinto le elezioni contro Roosevelt ed è diventato il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America. Da questo momento gli USA appoggeranno Hitler e la politica nazista che verrà replicata, in versione più subdola ma altrettanto pericolosa, anche nel Nuovo Continente. I migliaia di ebrei americani inizieranno a temere per la propria incolumità.
Romanzo pluripremiato del 2004, vincitore addirittura della quarta edizione del Man Booker International Prize, dal genere abbastanza particolare se non controverso. "Il complotto contro l'America" appartiene al mondo ucronico, e non è una parolaccia. Ucronico ovvero romanzo che parte da premesse e sfondi storici realmente accaduti ma immaginando una versione fantasiosa e alternativa dei fatti e se, come già Leibniz postulava nel Settecento, il romanzo rappresenta solo uno dei tanti mondi possibili, allora Roth ha prospettato una delle tante versioni che la piega della Storia avrebbe potuto prendere. Ma definirlo solo tale sarebbe riduttivo. Roth realizza una pseudo autobiografia della sua famiglia, ebrea di origine, incastonata all'interno di questa ucronia.
Quanto c'è di veritiero nella descrizione dei membri della sua famiglia e quanto di inventato?
Domanda lecita ma risposta indubbiamente complessa se non del tutto incerta.
Insomma, "Il complotto contro l'America" non è probabilmente il libro più semplice da cui iniziare l'approccio ed è meno celebre di "Pastorale americana", vincitore del Premio Pulitzer nel 1997, proprio per la forte componente storica che però non sovrasta mai la parte narrativa. Narrazione e controstoria sono ben equilibrate e bilanciate all'interno del romanzo che viene narrato da un infante (ma non infantile) Roth, attento come solo un bambino curioso e intelligente sa fare alle vicende storiche (in parte) e soprattutto ai cambiamenti che avvengono in quel microcosmo che è la sua famiglia. Come evolve Sandy, suo fratello maggiore, come i genitori (e soprattutto il padre) reagiscono alla presidenza Lindbergh, quali sono le conseguenze per i personaggi satelliti nella vicenda.
Il libro è ricolmo di nomi, dati, informazioni storiche vere o presunte eppure non è mai pesante, ogni tassello funziona in questo fantasioso mondo storico altro che l'autore ha inventato. Le riflessioni sull'antisemitismo, sui complotti politici, sul clima di terrore che potenze straniere o lotte intestine generano sono sempre ben meditate, mai pedanti. Il vero segreto è che Roth riesce a diluirle perfettamente tra le righe, alternando momenti di dibattito socio-politico evidente a letture implicite desumibili dai fatti. Lo stile, nonostante l'intreccio, è scorrevole, semplice, di impatto.
Roth ha smontato e rimontato uno spicchio della Seconda Guerra Mondiale con eccelsa maestria, come solo i grandi geni sanno fare. Chapeau.
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