I romanzi di Donna Tartt sono per me come la copertina di Linus, li vorresti sempre addosso e sempre con te. Ti fanno star bene. E "Il piccolo amico", al di là di piccole pecche che vi segnalerò, non è stato assolutamente da meno.
TRAMA: Mississippi. Anni Quaranta. Durante la festa della mamma il piccolo Robin Dufresnes viene trovato impiccato ad un albero del giardino e nessuno ha visto nulla. Nessuno sa chi sia stato e come sia potuto succedere. Omicidio o suicidio? Dodici anni dopo, sua sorella minore Harriet decide di intraprendere personali indagini per scoprire chi è stato l'assassino del suo "piccolo amico" e vendicarsi.
Partiamo da alcune informazioni tecniche per chi non conoscesse Donna Tartt. E' un'autrice americana vincitrice del Premio Pulitzer nel 2014 con il suo terzo e ultimo romanzo "Il cardellino". "Il piccolo amico" è la sua seconda opera, pubblicata dieci anni dopo il suo esordio "Dio di illusioni". Ho letto, forse come buona parte dei lettori, i due estremi letterari e poi questo che dai più viene ritenuto deludente e non all'altezza della scrittrice, ormai di fama mondiale. In parte condizionata da queste voci, ho cercato comunque di approcciarmi alla lettura nel modo più neutrale e oggettivo possibile, tentando di soppesare con cognizione di causa l'opera. Quando si è totalmente invaghiti di un autore, spesso diventa davvero difficile rimanere lucidi nel giudizio finale. Ci ho provato ed ecco cosa ne penso.
"Il piccolo amico" è il peggiore tra i tre romanzi della Tartt e su questo probabilmente tutto il mondo sarà d'accordo ma, attenzione, definirlo peggiore non equivale a pessimo libro. E' un romanzo magistrale e magistralmente scritto come gli altri due ma manca quella spinta narrativa, quel maggior coinvolgimento emotivo che invece negli altri c'è e che ti tiene col fiato sospeso. Di cosa parla allora questo libro? Tutta la vicenda è narrata dal punto di vista della più piccola della famiglia Dufresnes, Harriet, personaggio peperino e molto duro caratterialmente, rigida nelle sue convinzioni e assetata di giustizia o di vendetta. Una bambina che vive in una famiglia ormai completamente disgregata dal lutto (padre lontano e fedifrago e madre depressa) che spera, o almeno crede, di poter risolvere tutto e ricostruire il nido familiare trovando l'assassino di suo fratello Robin e vendicandosi. La vendetta è il nucleo tematico centrale all'interno del romanzo e questo mi porta a dire che alla Tartt il lutto iniziale non interessava, il giallo non è un giallo. No. L'autrice voleva solo indagare il post lutto che sfocia in differenti forme come abbandono del tetto coniugale, depressione, mutismo interiore, droga, ossessioni e vendetta. Apparentemente non succede nulla perché seguiamo solo i tentativi spesso fallimentari di Harriet e i suoi deliri da ragazzina in versione di piccolo giustiziere. La Tartt è talmente brava con le parole che riesce a coinvolgerti anche raccontandoti una vita o una comunità, una famiglia come in questo romanzo: è talmente brava da farti capire chiaramente qual è lo stato emotivo di tutti i personaggi. Il giallo iniziale le dà modo anche di affrontare temi altrettanto forti e importanti, qui però trattati come secondari, come il razzismo, la violenza e la droga. A mio parere manca solo quello sprint in più, quella maggiore profondità emotiva che si concentra più nelle ultime 100 pp.
Forse non è il risultato migliore, ma è un ottimo romanzo. Io non lo stronco anzi ve lo consiglio caldamente, soprattutto in attesa del suo prossimo libro nel 2022.
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