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"Uomini e topi" di John Steinbeck

"Un uomo diventa pazzo se non ha nessuno. Non importa chi è, da quanto è con lui. Te lo dico io," esclamò,"te lo dico io che a rimanere troppo soli si finisce con l'impazzire".

Mai Steinbeck fu più profetico o moderno.

TRAMA: California. George si è sempre preso cura di Lennie, gigante buono, dopo la morte di zia Clara. Attraversano molti ranch della California in cerca di lavoro con un sogno sempre in testa: guadagnare per acquistare un pezzetto di terra a Hill Country, un fazzoletto dove poter coltivar e allevare qualche animale. La garanzia di essere proprietari, liberi e felici. Ma i sogni, a volte, trascendono il reale.

L'aridità e l'arsura trasudano da ogni pagina e non soltanto per la calura californiana. E' la secchezza dei rapporti umani a sorprendere nella lettura di "Uomini e topi".
 L'incipit fa quasi ben sperare, ci illude di esser precipitati in un locus amoenus tutto americano, in un bosco ombroso e placido dove nulla potrà mai accadere se non lo scorrere sereno della vita dei due protagonisti, George e Lennie, vero fulcro del romanzo. Ma lo squallore si insinua prepotentemente. Lavori frustranti e mal pagati, vita in camerata eppure solitaria. Terrore dell'altro e del diverso, terrore del più forte o del più giovane. Paura di sbagliare. Paura di esser soli. George e Lennie costituiscono davvero l'unica eccezione in un truce caleidoscopio di personaggi come Slim, voce della verità, Crooks nero e con la schiena rotta, il vecchio e zoppo Candy o la femme fatale, moglie del figlio del proprietario. I due amici invece hanno sempre lavorato in coppia e sono l'uno l'arto mancante dell'altro. George difende Lennie, buono ma un po' tonto. Lennie, dal canto suo, sorregge il sogno di George (che poi diventa comune) e che viene alimentato in modo cantilenante nel corso dell'intero romanzo ("Avremo un posticino nostro e vivremo dei frutti della terra").
Ma in un mondo dove la violenza, la sopraffazione e i bordelli prevalgono, i sogni quale destino potrebbero avere?
Steinbeck non usa mezzi termini. Il suo stile asciutto, semplice e crudo non dà adito a fraintendimenti. Unico barlume di luce è quella quieta pietà che l'amicizia autentica porta con sé.

Un romanzo che si divora, che non disseta e che non basta. Si sarebbe voluto legger molto di più di questo centinaio di crude pagine.


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