Giugno coi suoi primi caldi. Giugno con i primi esami. Giugno e le sue letture intense.
Tra due grandi della letteratura, ho intervallato con la lettura di una storia che definirei arguta seppur nella sua semplicità di un'autrice emergente (pseudonimo La scrittrice smemorata) ovvero "Sira e il ricordo di Goodland".
TRAMA: Sira è una bambina solare, curiosa, ama il mondo e le meraviglie che esso porta con sé. Tutto a Goodland è colorato, frizzante e Sira vuole imprimere ogni dettaglio nella sua memoria nonostante, purtroppo, non abbia il dono di ricordare. La vitalità di Goodland si opporrà però al grigiore umano.
La trama mi aveva convinta fosse una storia per bambini ed effettivamente ad una prima lettura il linguaggio semplice ti convince sia proprio così. In realtà c'è ben altro. La storia è un'evoluzione innanzitutto anagrafica perché seguiamo le vicende della nostra Sira dall'infanzia sino alla prima età adulta ed è quasi improbabile non ritrovarsi in lei in entrambe le fasi. Che sia ancora nel mondo colorato e idilliaco di Goodland o nella grigia realtà, Sira affronta fasi davvero molto comuni in cui tutti possiamo riconoscerci. Non riesco a definirla come una fiaba, quanto piuttosto come un distopico per ragazzi. L'autrice è davvero molto brava nell'inserire anche termini abbastanza forbiti all'interno di una complessità lessicale più semplificata ed è altrettanto capace di creare ottime metafore, parallelismi tra i due mondi e molte riflessioni con il nostro presente. Non so se la storia sia autobiografica anche se nella parte finale mi ha dato questa impressione.
Assolutamente consigliata per un pubblico più giovane ma anche per adulti che vogliono ancora leggere una riflessione più genuina sul nostro mondo.
Ho finalmente recuperato "Stella di mare" di Giulio Macaione che ho acquistato questo inverno.
TRAMA: Stefano vive a Cefalù, Sicilia, ha 24 anni e ha ufficialmente lasciato gli studi. Guarda il mare e attende il ritorno della sua Marina. Ma anche l'anziano pescatore Vico ha un conto in sospeso col mare. Un mare che prende e che dà. Due uomini, uno incapace di guardare oltre e uno ancora troppo legato al passato.
Giulio Macaione non riesce a deludermi neppur volendo. E' la sua seconda graphic novel che leggo, dopo essermi innamorata di "Basilicò". L'ambientazione è sempre siciliana, terra natale dell'autore, e questo è lampante dalle tavole. Riesce a realizzare in maniera estremamente particolareggiata architettura e paesaggi. I colori predominanti sono gli aranciati e i violacei che mutano di tonalità e intensità in base ai momenti della giornata; un dettaglio che potrebbe apparire futile ma che non lo è, dimostrazione ancora una volta della cura meticolosa e della bravura di Giulio Macaione. Io amo moltissimo soprattutto la resa dei corpi e dei volti umani, vividi e realistici.
"Stella di mare" mi è entrata nel cuore ancor più della prima letta, probabilmente perché rivedo quei tormenti amorosi, quelle attese che hanno accompagnato la vita di tutti e anche la mia, proprio la scorsa estate. Mistero ed emotività sono il binomio vincente delle graphic novel di questo autore. Se non le avete ancora lette, che aspettate?
Dopo Steinbeck (di cui vi ho già fatto una recensione singola), ho affrontato un altro autore per me ancora vergine come Grossman con il suo "A un cerbiatto somiglia il mio amore".
TRAMA: Ilan, Orah e Avram, sedicenni, si ritrovano convalescenti a causa di una brutta infezione nell'ospedale di Gerusalemme durante la Guerra dei Sei Giorni (5-10 Giugno 1967). Avram e Orah sembrano essere i più intimi, con l'ombra di Ilan alle spalle. Quando Ofer (cerbiatto in ebraico), figlio di Orah, partì in guerra anni dopo, la donna vittima di un brutto presentimento decise di intraprendere un viaggio in Galilea proprio con Avram, riscoprendo un sentimento ormai sopito.
I libri non dovrebbero crear pregiudizi o scale gerarchiche sulla bravura o meno dei lettori. Ma in questo caso io personalmente mi sento in dovere di farlo. Grossman non è un autore per tutti, quindi chi sa già di non essere un lettore verace, chi sa di distrarsi facilmente con capitoli molto lunghi e privi di paragrafi allora deve lasciar perdere. Vi autorizzo a scender più sotto della foto e proseguire la lettura del post, se ne avete voglia (ovviamente).
"A un cerbiatto somiglia il mio amore" è il primo libro che leggo di questo autore e forse anche uno dei più intricati. Sarà per la mole, sarà per l'assenza di capitoli ben delineati se non da ampi spazi bianchi o per la totale assenza di virgolette che identifichino il discorso diretto. I personaggi che orbitano attorno a questo romanzo fortunatamente sono molto pochi e questo permette di non perdere totalmente il filo durante la lettura, ma è necessaria comunque una buona dose di attenzione onde evitare di incorrere in errori. La struttura narrativa stessa è contorta. Leggendo ci si rende conto della presenza di un narratore onnisciente che descrive le azioni di cornice dei protagonisti, ma poi tutto è affidato ai flashback di Orah che narra la propria vita e tutti i legami affettivi con gli uomini che la circondano (Ilan, Avram, Ofer e Adam). I salti temporali sono molto frequenti in un romanzo che si presenta come un singolare stream of consciousness di Orah. Grossman usa Ofer come pretesto per parlare dei vari conflitti arabo-israeliani (dalla Guerra dei Sei Giorni a quella del Kippur e oltre), dell'amore, della depressione, dei rapporti genitori-figli e soprattutto madre-figlio. Le riflessioni emotive e intime di Orah sul suo rapporto coi figli sono intense e profonde, ben scritte come se lo stesso Grossman avesse esperienza materna o è più semplicemente un ottimo narratore. Lo amerete per tutte le meravigliose citazioni che vi troverete all'interno.
Allora vi starete domandando, qual è il problema di fondo?
La lentezza estrema del romanzo che, a mio parere, accelera solo verso i 3/4. Trattandosi di un viaggio senza meta precisa, alla riscoperta di sé oltre che una fuga lontano dalla presunta notizia della morte di Ofer, tutto si svolge con estrema pateticità e solennità. Molte parti, a mio parere, potevano essere snellite se non del tutto eliminate.
Son tuttavia felice di aver iniziato proprio da questo romanzo perché se son riuscita a portarlo a termine dopo molto tempo, a emozionarmi, a lasciarmi catturare nonostante tutto, allora sarò in grado di leggere sicuramente altro dello stesso autore ma di dimensioni più ridotte.
Se è un romanzo che consiglio, rispondo sì ma con riserve. Sì se siete lettori esperti e divorate mattoni, sì se siete grandi appassionati di letteratura odeporica e non vi disturba la lentezza, sì se siete amanti di Joyce e non necessitate di punteggiatura per distinguere i discorsi diretti o i pensieri. Per tutti gli altri mi permetto di dire no, rischiereste di lasciarlo a metà (se tutto va bene).
I libri non dovrebbero crear pregiudizi o scale gerarchiche sulla bravura o meno dei lettori. Ma in questo caso io personalmente mi sento in dovere di farlo. Grossman non è un autore per tutti, quindi chi sa già di non essere un lettore verace, chi sa di distrarsi facilmente con capitoli molto lunghi e privi di paragrafi allora deve lasciar perdere. Vi autorizzo a scender più sotto della foto e proseguire la lettura del post, se ne avete voglia (ovviamente).
"A un cerbiatto somiglia il mio amore" è il primo libro che leggo di questo autore e forse anche uno dei più intricati. Sarà per la mole, sarà per l'assenza di capitoli ben delineati se non da ampi spazi bianchi o per la totale assenza di virgolette che identifichino il discorso diretto. I personaggi che orbitano attorno a questo romanzo fortunatamente sono molto pochi e questo permette di non perdere totalmente il filo durante la lettura, ma è necessaria comunque una buona dose di attenzione onde evitare di incorrere in errori. La struttura narrativa stessa è contorta. Leggendo ci si rende conto della presenza di un narratore onnisciente che descrive le azioni di cornice dei protagonisti, ma poi tutto è affidato ai flashback di Orah che narra la propria vita e tutti i legami affettivi con gli uomini che la circondano (Ilan, Avram, Ofer e Adam). I salti temporali sono molto frequenti in un romanzo che si presenta come un singolare stream of consciousness di Orah. Grossman usa Ofer come pretesto per parlare dei vari conflitti arabo-israeliani (dalla Guerra dei Sei Giorni a quella del Kippur e oltre), dell'amore, della depressione, dei rapporti genitori-figli e soprattutto madre-figlio. Le riflessioni emotive e intime di Orah sul suo rapporto coi figli sono intense e profonde, ben scritte come se lo stesso Grossman avesse esperienza materna o è più semplicemente un ottimo narratore. Lo amerete per tutte le meravigliose citazioni che vi troverete all'interno.
Allora vi starete domandando, qual è il problema di fondo?
La lentezza estrema del romanzo che, a mio parere, accelera solo verso i 3/4. Trattandosi di un viaggio senza meta precisa, alla riscoperta di sé oltre che una fuga lontano dalla presunta notizia della morte di Ofer, tutto si svolge con estrema pateticità e solennità. Molte parti, a mio parere, potevano essere snellite se non del tutto eliminate.
Son tuttavia felice di aver iniziato proprio da questo romanzo perché se son riuscita a portarlo a termine dopo molto tempo, a emozionarmi, a lasciarmi catturare nonostante tutto, allora sarò in grado di leggere sicuramente altro dello stesso autore ma di dimensioni più ridotte.
Se è un romanzo che consiglio, rispondo sì ma con riserve. Sì se siete lettori esperti e divorate mattoni, sì se siete grandi appassionati di letteratura odeporica e non vi disturba la lentezza, sì se siete amanti di Joyce e non necessitate di punteggiatura per distinguere i discorsi diretti o i pensieri. Per tutti gli altri mi permetto di dire no, rischiereste di lasciarlo a metà (se tutto va bene).
Tra due grandi della letteratura, ho intervallato con la lettura di una storia che definirei arguta seppur nella sua semplicità di un'autrice emergente (pseudonimo La scrittrice smemorata) ovvero "Sira e il ricordo di Goodland".
TRAMA: Sira è una bambina solare, curiosa, ama il mondo e le meraviglie che esso porta con sé. Tutto a Goodland è colorato, frizzante e Sira vuole imprimere ogni dettaglio nella sua memoria nonostante, purtroppo, non abbia il dono di ricordare. La vitalità di Goodland si opporrà però al grigiore umano.
La trama mi aveva convinta fosse una storia per bambini ed effettivamente ad una prima lettura il linguaggio semplice ti convince sia proprio così. In realtà c'è ben altro. La storia è un'evoluzione innanzitutto anagrafica perché seguiamo le vicende della nostra Sira dall'infanzia sino alla prima età adulta ed è quasi improbabile non ritrovarsi in lei in entrambe le fasi. Che sia ancora nel mondo colorato e idilliaco di Goodland o nella grigia realtà, Sira affronta fasi davvero molto comuni in cui tutti possiamo riconoscerci. Non riesco a definirla come una fiaba, quanto piuttosto come un distopico per ragazzi. L'autrice è davvero molto brava nell'inserire anche termini abbastanza forbiti all'interno di una complessità lessicale più semplificata ed è altrettanto capace di creare ottime metafore, parallelismi tra i due mondi e molte riflessioni con il nostro presente. Non so se la storia sia autobiografica anche se nella parte finale mi ha dato questa impressione.
Assolutamente consigliata per un pubblico più giovane ma anche per adulti che vogliono ancora leggere una riflessione più genuina sul nostro mondo.
Ho finalmente recuperato "Stella di mare" di Giulio Macaione che ho acquistato questo inverno.
TRAMA: Stefano vive a Cefalù, Sicilia, ha 24 anni e ha ufficialmente lasciato gli studi. Guarda il mare e attende il ritorno della sua Marina. Ma anche l'anziano pescatore Vico ha un conto in sospeso col mare. Un mare che prende e che dà. Due uomini, uno incapace di guardare oltre e uno ancora troppo legato al passato.
Giulio Macaione non riesce a deludermi neppur volendo. E' la sua seconda graphic novel che leggo, dopo essermi innamorata di "Basilicò". L'ambientazione è sempre siciliana, terra natale dell'autore, e questo è lampante dalle tavole. Riesce a realizzare in maniera estremamente particolareggiata architettura e paesaggi. I colori predominanti sono gli aranciati e i violacei che mutano di tonalità e intensità in base ai momenti della giornata; un dettaglio che potrebbe apparire futile ma che non lo è, dimostrazione ancora una volta della cura meticolosa e della bravura di Giulio Macaione. Io amo moltissimo soprattutto la resa dei corpi e dei volti umani, vividi e realistici.
"Stella di mare" mi è entrata nel cuore ancor più della prima letta, probabilmente perché rivedo quei tormenti amorosi, quelle attese che hanno accompagnato la vita di tutti e anche la mia, proprio la scorsa estate. Mistero ed emotività sono il binomio vincente delle graphic novel di questo autore. Se non le avete ancora lette, che aspettate?
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